Ciao bimba mia dagli occhi di fuoco; quegli occhi severi che guardano al mondo e lo giudicano, ma sanno sgranarsi ed accoglierne la meraviglia del crescere, dello scoprire ogni giorno che tutto può essere e al contempo non essere.
Sono undici oggi, undici lune da che ti ho partorita, del tuo essermi figlia, del mio esserti madre nell’unico modo che imparo e che so: il camminarti affiancata cercando di comprendere quel che ti passa per quella testa immensa che hai e che ti rende donnina, tanto quanto rimani ancorata all’infanzia, alla quale io stessa mi lego per allontanarti dalle brutture di quello che è là, fuori dal bozzolo, dalle coperte.
Undici soli che Babbo Natale, la befana, le fate ti hanno salutata ma noi ci crediamo, e il credere aiuta a non sentirsi perse in quel vuoto che l’andare dei giorni, delle ore, dei minuti vorrebbe creare intorno alla fantasia cui dobbiamo tanto, che ci accompagna in ogni gesto e parola e alla quale noi no, non rinunceremo; perché la realtà, si sa, ci piace plasmarla, mica subirla!
Undici oggi di cose accadute e di un anno trascorso a levarci di dosso la polvere di scelte sbagliate; che poi, a dirla tutta, ogni errore ci porta vicine a qualcosa di giusto e lo abbiamo compreso sulla nostra pelle.
Undici oggi di compromessi che uccidono, ma insegnano a me ciò che voglio per te -quel che tu vuoi per te- e il fare e non fare necessario alla vita, la nostra che vorrei fosse sempre serena e spesso, fin troppo, non lo è affatto.
Undici che ti fai troppo carico, fragile e forte, di affanni che non sono nemmeno tuoi e ne cerchi motivi, soluzioni, vie di fuga.
Undici che all’occorrenza accudisci chi ti accudisce e non senti ragione, perché sei troppo testarda e competere con te, assertiva, ferma, decisa, è impresa impossibile anche ai titani.
Undici che le passioni si alternano nel tuo fare e disfare come un carosello rotante, vorticoso e magnifico; passioni che vengono, poi se ne vanno tutte tranne una: quel teatro che caparbia non vuoi abbandonare e non tradisce mai perché ne sei parte fin da quando ho memoria; fin da quando, minuscola, sopra un palco il respiro era quieto, i tuoi occhi brillavano luce di stelle e il sorriso diceva -qui è casa-.
Undici che siamo insieme nel viaggio di andata che non ha ritorno, se non nel ricordo di quello che eri e che, adesso, tramuta il sentire e il linguaggio in qualcosa che è altro e un po’ intimidisce.
Undici che il muscolo che ti abita in petto lo chiamiamo cuore: quel cuore che ci si è spezzato e ricomposto talmente tante volte da farlo apparire più come un puzzle, o un vaso kintsugi, ma continua a battere diventando attimo via attimo sempre più grande.
Ho un po’ di paura di questo tuo cuore, sai? Temo che contenga già troppo e che tu finisca per farne un pessimo uso. Temo per te, per la sensibilità mista all’egoismo neonato che vorrei rimanesse ancora un bel po’ a protezione della farfalla in cui stai mutando.
Undici anni di te, mia pasticcia, che facciamo parlare ogni cosa ci sia intorno, litighiamo per nulla e, tutto finito, ne ridiamo abbracciate, felici, appagate.
Undici anni di interminabili discussioni, del raccontare nel bene e nel male, delle amiche che percorrono un tratto di strada con te e con te condividono fantasticherie e progetti.
Undici anni di questa complicità-sorellanza che possediamo e che spero non ci abbandoni mai, perché io ne ho bisogno per comprendere, viverti, accettare che tu evolva com’è giusto che sia mentre io invecchio e non divento saggia.
Undici anni che mi studi e mi valuti, per capire se sono ciò che vuoi diventare.
Undici appena e undici già, che sei quasi alta quanto me e vai ormai perdendo la forma-bambina: ti cambiano iridi, capelli, le labbra e le guance; e intanto le braccia, le gambe, le mani e il tuo ventre si affusolano cedendo il posto a una ragazzina elegante e aggraziata.
Ti cambia l’umore, che gioca a fare altalena e mi spiazza lasciandomi attonita ma poi ci diciamo -gli ormoni!- e sappiamo, io so, che fa parte del tutto che io guardo e detesto, e vorrei fossi ancora fagotto da stringere tra le mie braccia che adesso circondano -inondate di te- tentando di sorreggere così come possono e proteggere, mentre m’inondo di orgoglio ammirando il meraviglioso universo che sei, che difendi e difendo; lo farò, lo farai.
Undici che ho rassegnato le armi e ti osservo, sperando che azioni e parole ti siano d’aiuto nonostante gli errori, gli inciampi, il correggere e le piccole cose che poi vanno a segno.
Undici anni, sono undici oggi, che io sono tua, tu sei mia, siamo nostre.
Ti amo, buon compleanno mio Tesoro grande.
La tua mamma.